CLAUDIO MAGRASSI

E come [Dario] Argento lavorò molto con la luce arrivando a realizzare un vero e proprio film “colorato”, così [Claudio] Magrassi alterna il nero siderale al chiarore luminoso, senza con ciò stesso ostentare un atteggiamento proclive all’uso masturbatorio della luce che favorisca la semplice respirazione del quadro come l’atto di un quaqquaraquà che apre la bocca solo per far passare l’aria fra i denti (i quadri, per farli respirare, basta appenderli alla parete eburnea di una galleria)

Queste mie riflessioni su un bravo pittore – non posso abusare dell’aggettivo “eccellente” perché ci ha già pensato Camillo – provengono direttamente dallo spaziotempo: annata 2009 (duemilanove!), dritte dritte sul numero 1 di una rivista garibaldina inventata da chi scrive proprio in quell’anno, eravamo giovani e forti e si scriveva alla bersagliera.

Bon, a rileggere quanto dissi a suo tempo su Claudio Magrassi  incappo in riferimenti cinematografici che dicono molto tuttora della sua pittura.

Lui ovviamente ha fatto molti altri quadri e altrettante mostre nel frattempo, ma la “firma” è rimasta la stessa, il che va a suo vantaggio (perché un artista riconoscibile è assai apprezzato dai compratori e dai galleristi) e io ne guadagno in fatica (perché detesto ripetere cose già dette).

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Claudio Magrassi – Stigma – 2016 – olio su tela – cm 180 x 250

Claudio Magrassi è unico nel suo genere: anche se in realtà si trova in buona compagnia (c’è una fila lunga così di artisti visivi fortemente influenzati dal cinema “di genere” e che virano il loro mezzo espressivo nei lidi del disegno restando nelle acque territoriali della pittura), lui, su questa schiera di entusiasti, ci cammina un palmo sopra, vedere per credere.

Non è solo un discorso di “tecnica” pittorica: il Nostro è uno che sa dipingere, altrimenti non sarebbe qui. Ma gli è che, davvero, troppe parole non sono affatto necessarie e io non vi devo convincere di nulla, altrimenti non correreste a frotte in galleria per comprargli qualche quadro. E infatti, proprio a proposito di questo vetusto supporto della pittura, come ha recentemente detto Francesco Bonami,

Secondo me, quando un quadro capisce che uno arriva lì preparato, si snerva e dice fra sé e sé: “Ma sono io che devo saperti dire chi sono, io che devo affascinarti, io che devo raccontarti quello che succede dentro di me. Se sai già tutto, che gusto c’è?”

E quindi, io che sono il vassallo dei saputelli, mi accontento di imporvi un estratto di questo scrissi in illo tempore su Claudio Magrassi, perché sono tuttora convinto che la sua pittura trascenda, se non i secoli (questo lo vedremo), sicuramente i generi, spaziando dal cinema alla letteratura e rendendolo così, come disse il compianto regista Lucio Fulci di se stesso, un terrorista dei generi

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